La scienza è realmente il mio strumento di unione tra i popoli. Ricorderò a questo proposito quanto capitò nel secolo 17.º 1600. Padre Matteo Ricci, astronomo e matematico italiano, ebbe occasione di vedere nientemeno che in Cina e parlare con l’Imperatore. Parlò di matematica e di astronomia, e questo creò immediatamente una connessione tra il popolo italiano e quello cinese. Direi, è un esempio tipico di come la lingua scientifica è universale e possa unire popoli così differenti come il popolo italiano e il popolo cinese nel XVII secolo. Così è capitato in seguito, ma questo è un caso emblematico del valore universale delle scienze tra i popoli, delle possibilità di comunicazione a livello universale dei popoli così differenti come questi che ho citato.
Per una donna che abbia avuto la fortuna o la disgrazia, diciamo, di nascere, come è stato il mio caso, agli inizi del secolo passato 1909, non era facile, tuttavia, nei miei casi non ho avuta alcuna difficoltà, tolto l’inizio difficile, ho perso i miei cari, il mio padre, che era quello che volevo studiare. Superate queste prime difficoltà, ho trovato facilissimo continuare. Ero praticamente, eravamo cinque donne su 150 iscritti all’università, nel settore medico. E effettivamente gli anni che hanno seguito sia in Italia e che in seguito negli Stati Uniti non ho mai avuto alcuna difficoltà. Oggi, a distanza di quasi, diciamo di più di mezzo secolo, se non quasi un secolo, da allora le donne, nei nostri paesi ad alto sviluppo culturale, non hanno alcuna difficoltà, e dimostrano enormi capacità e impegno nella ricerca scientifica dal livello molecolare a quello comportamentale.
Di me ho poco da dire, 94 anni, quasi un secolo di vita, non mi hanno tolto la gioia della ricerca che continuo con lo stesso interesse, come quando avevo vent’anni. Anche la mancanza delle vista non ha influito nel mio interesse e curiosità nello studio e seguire passo per passo gli svolgimenti di quello che è stata la mia scoperta e che oggi si dimostra di fondamentale importanza non soltanto a livello di ricerca molecolare di base, ma anche delle applicazioni in malattie autodegenerative come l’Alzheimer, il Parkinson e altre.
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Rita Levi Montalcini
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Maria Lai
Assetata di libertà
Io non sapevo nulla di arte da bambina, poi non venivo da una città, venivo da un paesino sperduto. Io sono nata in un paese di feste dedicate, quindi l’arte, l’arte era un pretesto per chiedere, a mio parere, di andare a studiare fuori perché non c’erano scuole d’arte in Sardegna. Naturalmente non credevo affatto che potesse fare arte non solo lui, ma nessuno al mondo nel mondo di allora.
Pensava che una donna potesse fare arte. E poi, forse cose terribili. Terribile per loro. Non avrei trovato un marito queste cose. Perché allora si pensava che una donna dovesse avere sempre un uomo a fianco per avere dignità sola o non aveva il diritto ad essere rispettata?
Poteva essere un padre, un fratello e anche l’amante. Ma essere nella mia generazione e poi in un paesino della Sardegna, questo era il destino delle donne. Io volevo uscire da questa che poi alla fine mi ha detto non posso vederti infelice. Lei penserà e mi ha dato tutte le possibilità finanziarie per affrontare questa avventura, perché lui era convinto che io sarei tornata a casa.
Delusa. E mi amava, come se fosse la più grande prova d’amore che ho avuto nella vita.
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Maria Assunta
Io, prima di tutto, sono Maria Assunta e sono nata nel 1925, quindi ho 98 anni. Quindi la mia tarda età mi permette di ricordare il professor Persichetti, che è morto nel 1943.
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Il Tempo
“Tolgo la pila dall’orologio, butto la sveglia nel sacchetto dell’immondizia, cerco di entrare nel freezer, ma non ci riesco. Metto la testa sotto il cuscino per non sentire la campana. Invece ti drin che ore sono tardi. Mi hanno detto che siamo fatti della stessa materia delle stelle. Ho belle ma non mi consolo, anzi penso a me cadente come quelle stelle. Sono tante milioni di milioni di ricordi stipati nella testa quando muoio a chi vanno i miei ricordi? A me no, grazie, ne ho già tanti. Il tempo, tempo, Il tempo non ha cuore, non si può fermare la felicità. Un attimo e l’attimo fuggente. Ne ho fuggito, ma io mi sono informato di un treno che parte alle sette 40. Non c’è molto tempo. un minuto, secondo, un’ora, un’ora, un’ora, un’ora sola. Ti vorrei per dirti quello, ma non ho tempo. Amore a tempo determinato. Mi manca il tempo. Tempo scaduto, tutto avariato. Che cosa c’entra? C’entra tutto nel tempo. Tempo più vento temporale, tempesta, task, batacchio, batacchio. Io dentro il tempo che ho sbagliato ho scoperto una cosa terribile dovrò morire pure tu. E allora, prima che la vita sia finita.”
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Silvana
1940. Sono nata a Roma, qui a San Lorenzo. Negli anni mi è rimasto impresso, diciamo quando ero piccola il tempo della guerra, ma non qui a Roma. I genitori erano originari dell’Abruzzo, a Rocca di Botte, in provincia dell’Aquila, ma siamo ai confini del Lazio. Mi ricordo i periodi quando c’era la guerra, io stavo dai nonni.
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Elena
Sono nata nel 1937. Arquata del Tronto a Capodacqua, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno. Voglio raccontare che ero bambina e giocavo con le cartucce che mio padre era cacciatore, faceva le cartucce a mano e che aiutavano. Aiutavo a far cartucce contente cartucce. Poi dopo lui è dovuto scappare quando sono venuti dei resti nascosti dai boschi perché altrimenti si portavano via le mucche, i cavalli.
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Alba
Praticamente mi sono sposati a 19 anni nella chiesa dei Santi San Lorenzo fuori le Mura, nel piazzale del Verano. Era l’8 gennaio, aveva nevicata a Roma il 6 gennaio. Quindi una sposa particolare si dice romana, sposa bagnata, sposa fortunata. Ma io la neve? Vabbè, non lo so, però non mi posso lamentare veramente. Un una vita bella? Sì. Sì, perché mia mamma avrebbe voluto Santa Francesca Romana.
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Annamaria
Sono nato il 16 settembre del 1939 a Centocelle, alla borgata Alessandrina, proprio precisamente in una casa che ricordo benissimo era un ultimo piano. C’erano due gambe, una cucina. Il bagno non lo ricordo, però la caccia la ricordo molto bene. Qui sotto c’era un orto e un albero di pesche bianche che a un certo punto mi ricordo da bambina che c’era un tappeto di pesche bianche per terra e non si potevano mangiare e perché la padrona non voleva.
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Natale
Negli anni 1944 e quindi io avevo… sono nato nel ’38… avevo sei – sette anni e l’emozione nel vedere in presa diretta quello che succedeva in quel periodo è stato un ricordo incancellabile. Io dopo più di 70 – 75 anni, oggi ho ancora quelle immagini, cioè le immagini che passavano gli stormi degli aerei sopra le nostre abitazioni e tutti quelle che abitavamo fronte mare mettevamo dei lenzuoli bianchi in segno di resa per paura che questi sganciate dalle bombe e quindi vedere, abitando fronte mare, vedere anche dei piccoli scontri di combattimento…
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Sofia
Questo mio ricordo avviene negli anni 70. Dal 72 più che altro 73. Ho fatto un viaggio in Africa e soprattutto nel Sahara. È stato un viaggio molto bello e il ricordo indimenticabile è la notte di luna piena nel deserto. C’è un silenzio assoluto, una leggera brezza e la luna piena che illumina la sabbia, che diventa dorata e una cosa talmente suggestiva che non l’ho mai più scordata.
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